venerdì 19 febbraio 2010

Da Onnivora a Fruttariana Crudista, la mia storia

Il mio percorso comincia dove un altro poco prima, si era appena concluso. Due anni (e sette mesi fa), uscivo da una convivenza che, specialmente negli ultimi 4/5 mesi, era diventata alquanto insostenibile tanto da rivelarsi deleteria sotto molteplici aspetti; mentalmente ero stanchissima, psicologicamente ero proprio terra, emotivamente neanche a parlarne...e fisicamente ingrassata.
Mi ero lasciata andare appunto, sotto vari aspetti della vita, quasi senza prestarci attenzione fino a quando, convinta di terminare la storia, decisi finalmente di prendere un provvedimento a dir poco drastico. Non sapevo bene ancora cosa e come fare per lasciarmi tutto dietro le spalle, ma una cosa era certa: dovevo assolutamente staccare la spina con la vecchia vita, altrimenti sarebbe stato sempre più duro uscire dal baratro in cui (mi) ero andata a finire.
La prima esigenza che riuscii a focalizzare fu quella di uscire, incontrare persone nuove, andare a ballare, che mi distraessi un pò, evitando di pensare a cose troppo serie . Dunque, aprii l'armadio e presi un paio di jeans, i miei preferiti, che non mettevo da lungo tempo, per indossarli.
Feci fatica ad abbottonarli, a tirare su la cerniera ma testarda come sono, stringendo di qua, stringendo di là, alla fine riuscii ad infilarli. Ma ahimè, quando alzai lo sguardo verso lo specchio di fronte a me, vidi che, d'accordo...ci ero entrata ma sembrava che stessi per esplodere da un momento all'altro.. I rotolini di ciccia che si erano accumulati sulla mia vita (nel senso fisico di bacìno e di vita nel senso di esistenza) erano tutti là, davanti ai miei occhi, a ricordarmi che da tanto, troppo tempo, non mi ero presa cura di me, non avevo dato ascolto a Tanya..
Fino a quel giorno, ero stata sorda/cieca/muta di fronte a me stessa. Ero talmente presa dai pensieri negativi a cui avevo dato il permesso di impossessarsi delle mie facoltà che la sensazione predominante fu come quella di risvegliarsi da un lungo sonno e trovarsi in una realtà nuova, sconosciuta alla coscienza. Dopo questo risveglio traumatico, la mia mente acquisì un momento di lucidità ed in quell'istante decisi di mettermi a dieta. A quel tempo, la mia concezione di "dieta" era quella comune (ed errata) della maggior parte delle persone: intraprendere un periodo in cui ci si priva o si limitano certi alimenti, tipicamente pasta/pane e grassi per poi, inevitabilmente reinserirli poco a poco. Fortunatamente ai tempi non leggevo e del resto, non leggo neanche tutt'ora, i classici giornali di moda/fashion/magazine per donne che ogni settimana sponsorizzano la"nuova" dieta del momento dunque, non avendone mai intrapresa una prima di allora, non sapevo davvero dove cominciare, ma sicuramente limitare l'apporto di carboidrati era già un buon inizio. Così, da buona onnivora prevalentemente pastafariana, cominciai con il limitare la quantità di pasta e pane per pranzo (50 gr contro credo i 150 gr quasi giornalieri di alcuni giorni prima) e di eliminarli invece alla sera, per andare a letto più leggera. C'è da dire che non era mia consuetudine pesare il cibo, dunque mi regolavo tenendo in considerazione solamente la sensazione di sazietà, che non avveniva necessariamente dopo una certa quantità, piuttosto andava secondo il criterio di golosità... Più mangiavo cose che mi piacevano, maggiore la quantità che ne ingurgitavo. Mangiavo ancora carne e pesce (quest'ultimo lo consumai per un brevissimo periodo anche da crudista 90%). Da alcuni anni a quella parte il corpo mi aveva mandato chiari segnali di insofferenza verso prodotti di origine animale, prima fra tutte la carne di maiale ( salsicce e bistecche le avevo infatti bandite già da tempo) poi vitella ed infine carni avicole, la cui ingestione mi costrinse a letto in un digiuno totale di 3 giorni. Quella fu davvero un'esperienza forte per me, perchè non era mai successo prima che io digiunassi in assoluto. Ero impaurita. Pensavo di dover mangiare per forza qualcosa perchè il mio corpo non poteva restare senza nutrimento ma lui mi diceva di astenermi da qualsiasi cibo. Lo ascoltai. Fui costretta. Passata la paura, promisi a me stessa di abolire pollo, tacchino e uova dalla mia tavola. Le uova non c'entravano nulla, lo scoprii solamente in un secondo momento, quando mangiai delle uova sode e non ebbi alcun sintomo, ma era troppo il terrore di stare male e poi...psicologicamente oramai le avevo rifiutate ed in fondo.. potevo farne benissimo a meno; non era un prodotto di cui facevo largo uso. Il pesce invece, come accennavo prima, lo mantenni a lungo, dapprima cotto, poi, per un brevissimo tempo, anche crudo. Fu un'esperienza sensoriale allucinante ma ne riparlerò più tardi...
Tornando al capitolo prodotti animali, ancora alta era la percentuale di insaccati vari che consumavo (io ed il mio compagno del tempo) ma, con questo tarlo della dieta, superfluo dirlo, dovetti escluderli senza neanche starci a pensare due volte. L'eliminazione totale di questi prodotti, al contrario delle uova e della carne di qualunque animale in forma di bistecca/cotoletta/salsiccia, mi causò qualche problema in quanto non sapevo come riempire quel vuoto.. Per me che ero abituata ad un piatto di pasta come prima portata e ad un veloce panino col salame per secondo, la sfida si faceva davvero dura. Dovevo seriamente pensare a cos'altro inserire. Non potevo certamente abbuffarmi di pasta, i 50 grammi dovevano essere tassativi, altrimenti non avrei mai ottenuto i risultati che volevo. Ecco che mi arriva un'idea tutta nuova. Verdure. Mi dicevo: ok, mangia verdure, fatti delle insalate. Se non usi condimenti puoi certamente mangiartene tante, senza problemi. Già ma...a me non piacevano proprio le verdure/insalate... Eh sì miei cari... io non mangiavo assolutamente verdure nè frutta a quei tempi. Necessità fa virtù , come si suol dire, ed in questo caso, niente di più vero. Ricordo che all'inizio compravo le verdure surgelate perchè ero pigra e non mi andava di pulirle. Non lo avevo mai fatto e dunque pensavo che avrei finito per perderci troppo tempo nel farlo... Chiesi a mia madre se conosceva un modo più veloce per cuocerle, dato che nella maniera classica, ossia bollite, alcuni tipi di pianta ci impiegavano anche mezz'ora e lei mi disse di provare con la pentola a pressione oppure con il vapore. Scelsi quest'ultimo metodo perchè avevo sentito dire ad alcune mie colleghe del laboratorio di erboristeria che questo tipo di cottura era il migliore in quanto era in grado di preservare un maggior numero di nutrienti rispetto ad altri. Non possedevo (nè ho mai posseduto, grazie a D-o) una vaporiera e quindi ogni giorno a pranzo e a cena, c'era il panico in cucina! Avevo 3 pentole belle grandi con i cestelli appositi colmi di tanti tipi di verdure, che occupavano tutti i fornelli e non c'era quasi spazio per...la caffettiera dei miei genitori. Mio padre pensò bene allora, di ovviare a questo problema acquistando una vaporiera. Mi aveva quasi convinta se non fosse stato per la sua manìa di comprare sempre il meglio per sua figlia. Non mi andava di fargli spendere una cifra così elevata solamente perchè non c'era spazio in cucina...Piuttosto, avrei smesso io di cuocere le verdure! Man mano che la mia relazione edonista con le verdure aumentava, sia perchè alla fine non erano così cattive come temevo, sia perchè funzionavano a meraviglia nel farmi sentire libera di mangiare senza temere di ingrassare facendomi sentire sazia, eliminai del tutto la pasta, lasciando al suo posto, solamente 50 grammi di pane a pranzo. A volte tagliavo una sola fetta di pane, altre invece, facevo fette più sottili per ricavarci un numero maggiore di "scarpette"e dunque soffrire psicologicamente meno della sindrome da "distaccamento dei farinacei" di cui ero tremendamente dipendente, sia fisicamente che, sopratutto, mentalmente. Infatti potevo anche mangiare due kg di pasta che se non facevo la scarpetta non mi sentivo sazia. Tutta una questione psicologica. Viviamo in Italia, non dimentichiamocelo. La pasta regna sovrana. Un pasto non è un pasto senza la pasta. E la scarpetta è il coronamento di ogni lauta mangiata che si rispetti.

A questo punto la mia dieta era così composta: al mattino, per colazione 40 grammi di crusca e frumento con 100 ml di latte di soya, verdure crude/cotte varie a volontà, 50 grammi fiocchi di latte light, pesce (di solito mi facevo fuori mezza trota/orata per pasto), 50 gr pane, frutta a volontà, ogniqualvolta durante la giornata percepissi un senso di fame. Il frutto che si prestava meglio per tappare quel senso di fame di cui parlavo poco sopra, quella fame che ti prende quasi di colpo verso metà pomeriggio, la classica merenda, che in realtà, non è proprio fame ma più una... "voglia di un qualcosa di buono", veloce e pratico da mangiare, era la mela stark delicious. Semplicemente meravigliosa! Ricordo ci furono giorni in cui arrivai a mangiarne 6 kg e a desiderarne ancora!
Le mie insalatone di verdure e frutta (per frutta in questo caso intendo peperoni, pomodori, zucchine), diventavano sempre più grandi, sempre più ricche di ingredienti. Foglie di lattuga cappuccina, radicchio rosso, cipolle, peperoni rossi, pomodori (piccadilly/ciliegino/san marzano) mais, carote, sedano, porro, indivia, cicoria, spinaci.. Erano il centro della mia dieta. Cominciai con il tempo a cuocere sempre meno. Cuocevo giusto piante appartenenti alla famiglia delle crucifere, come cavolfiore, cavolini di bruxelles, broccoli ecc.
Intanto, anche il mio modo di fare la spesa era cambiato. Prima, andavo sempre in più reparti per comprare da mangiare, generalmente negli ipermercati, poi, sempre più esclusivamente verso i reparti di frutta e verdura dei super-market oppure sui banchi dei fruttivendoli/verdumai. Acquistavo sempre meno prodotti lavorati/inscatolati/surgelati, muovendomi verso uno che fosse fresco, integrale, naturale. A quei tempi non ero cosciente di questi piccoli, enormi e sopratutto, fondamentali cambiamenti. Una cosa per volta. In quel momento, Tanya non si chiedeva troppi perchè, aveva un solo obiettivo in mente: perdere qualche kg accumulato in passato e fare bella figura in quei jeans taglia 40 che aveva indossato per l'ultima volta tanto, troppo tempo fa.

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