Raro documentario che esplora la vita segreta delle piante, basato sugli studi di Peter Tompkins e Christopher Bird. (Lingua Inglese)
martedì 28 aprile 2009
sabato 25 aprile 2009
I danni e l'intossicazione da prodotti cotti
Tutto quello che il vostro Dottore molto probabilmente non sa circa il cibo cotto
Adattato e Tradotto da FruiTanya
Dall'originale HealthNewsDigest.com
Sapevate che una specie - che vive nel suo ambiente originario e che mangia cibo naturale, non cotto - generalmente vive 7 volte tanto? Secondo questi parametri, potremmo vivere fino a 140 anni! Cosa è accaduto dunque? Perchè gli uomini si ammalano, spesso verso metà della loro vita?
La maggior parte dei dottori studia per creare diete secondo i bisogni personali di un individuo. Ma, come possiamo constatare, poche diete si distanziano dalla dieta standard Americana (il cui acronimo in inglese è "SAD" che, più appropriato non poteva essere dato che "sad" è anche una parola per "triste"), una dieta che comprende per la maggior parte prodotti cotti, pastorizzati o comunque che hanno subito un trattamento termico. Questo perchè la maggior parte dei nutrizionisti non ha assolutamente idea di alcuni dei più importanti studi che rivelano quanto tossica sia una dieta a base di prodotti cotti.
Il ricercatore Paul Kouchakoff (ed in seguito il Dr Howard Loomis) ha dimostrato che quando mangiamo cibo cotto, il numero dei globuli bianchi aumenta. Questo significa che il nostro corpo sta cercando di combattare un'invasione. Se invece mangiamo cibo crudo, questo fenomeno non accade. Nel 1916, Louis Maillard provò come la cottura crei un'infinita catena di molecole tossiche oggi chiamate con il nome di "molecole di Maillard". Cucinare cibi al di sopra di 42° non solo distrugge gli enzimi e gli altri principi nutritivi, ma crea anche un caos chimico a cui le persone non saranno mai in grado di adattarsi a causa della imprevedibilità delle sostanze chimiche. Questo spiega perchè le persone che inseriscono nella propria dieta un'alta percentuale di cibi crudi risultano più giovanili, energiche, sane. Cosa accade ai macronutrienti nel cibo cotto? Carboidrati, proteine e grassi sono conosciuti come macronutrienti. Questi vengono tutti altamente denaturati quando vengono a contatto con il calore, diventando tossici per noi.
I carboidrati cotti sono ampiamente tossici. Nella primavera del 2002, dei funzionari governativi Svedesi furono così allarmati dai risultati delle ultime ricerche che decisero di informare immediatamente la gente invece di aspettare che venissero pubblicate su riviste scientifiche specializzate. Poco dopo, la WHO (World Health Organization - OMS in italiano) tenne un meeting d'emergenza della durata di tre settimane per valutare la recente scoperta degli scienziati Svedesi. Appresero che i cibi amidacei, come per esempio le patate, le patatine fritte, le patate al forno, i biscotti, il pane contengono altissimi valori di acrilamidi, sostanze chimiche che sono in grado di causare mutazioni genetiche che causano vari tipi di tumori nei topi. Gli acrilamidi sono 1000 volte più pericolosi che la maggior parte di altri agenti cancerogeni presenti nel cibo. Hanno dimostrato di causare tumori allo stomaco maligni e benigni, come pure danni al sistema nervoso centrale e periferico. L'Agenzia Americana per la Protezione dell'Ambiente considera gli acrilamidi talmente tossici che ha fissato un livello di sicurezza per il consumo umano vicino allo zero, lasciandone una minima percentuale nei sistemi dell'acqua pubblica. Ma la quantità di acrilamidi che si trova in una normale busta di patatine fritte è 500 volte superiore alla quantità permessa in un bicchiere d'acqua dalla WHO.
Una volta, esisteva una legge in California che obbligava i produttori di patatine a mettere degli avvisi circa il potenziale cancerogeno sulle confezioni! La maggior parte di questi non lo fece. Ci sarebbero dovuti essere anche degli avvisi sempre di questo tipo in tutti i ristoranti americani sul cibo da sempre più ordinato da tutti: patatine fritte! Sfortunatamente, questa legge venne rimpiazzata dalla legislazione nazionale che proibisce agli stati di promulgare standard di contaminazione alimentare ed avvertenze circa il rischio di cancro più rigide dei requisiti federali.
I lobbyisti delle industrie alimentari ebbero la meglio quando il Congresso approvò questa proposta di legge. Inoltre, i carboidrati cotti contengono glicotossine, una delle quali è un "prodotto finale della glicazione avanzata" (AGE).
Le AGE contaminano il corpo, rendendolo vulnerabile verso il cancro e alla muffe, come per esempio la Candida albicans ed altre infezioni da lieviti.
L'edizione del Maggio 2003 della rivista Life Extension parla delle AGE, facendo riferimento ad nuovo studio pubblicato in Proceedings of the National Academy of Sciences. E' stato provato che mangiare cibo cotto ad alte temperature causa infiammazioni cronica, che può portare ad effetti devastanti, letali direttamente correlati a malattie come diabete, cancro, aterosclerosi, guasto cardiaco congestivo, stenosi delle valvole cardiache, Alzheimer ed indebolimento renale.
L'articolo dichiara, "Cuocere ed invecchiare hanno proprietà biologiche simili. Il processo che fa diventare marrone una gallina arrostita illustra cosa accade alla proteine del nostro corpo quando invecchiamo. Non appena le proteine reagiscono con gli zuccheri, questi diventano marroni e perdono l'elasticità; si incrociano per formare masse insolubili che generano radicali liberi (che contribuiscono all'invecchiamento). Queste AGE si accumulano nel nostro collagene, nella nostra pelle, nella cornea dell'occhio, nel cervello, nel sistema nervoso, negli organi vitali e nelle arterie man mano che invecchiamo. L'invecchiamento può esser definito come un lento processo di cottura". Il libro "Diet, Nutrition and Cancer" cita studi in cui la frittura delle patate e del pane tostato formava attività mutagenica. L'autore spiega, "L'imbrunimento del cibo avviene dalla reazioni delle ammine con gli zuccheri". Vengono mostrati studi che mostrano che "l'aumento dell'attività mutagenica con il tempo andava di pari passo all'aumento dell'imbrunitura".
Cuocere la carne cambia la struttura molecolare di alcune delle sue proteine, rendendole inutilizzabili per il corpo e facendo sì che la guarigione, la riproduzione e la riproduzione cellulare diventino difficili. Le molecole delle proteine si legano, diventando più difficili da digerire. Il 50% delle proteine che una persona mangia si coagulerà e darà vita al processo di cross-linking. Il cross linking delle proteine è associato con la patologia dell'Alzheimer.
A causa della coagulazione, la proteina è assimilabile il 50% in meno, come hanno mostrato le ricerche al Max Planck Instituite for National Research in Germania. Questo significa che una persona dovrebbe mangiare proteine due volte tanto se cotte, rispetto alle crude.
Anche la carne cotta alle basse temperature produce mutageni; sono stati trovati mutageni nella carne bovina a temperature minori di 68°.
Anche friggere il pesce con calore inferiore a 190° produce mutageni, come pure grigliare gli hamburger a 130°.
Cuocere le proteine oltre i 40° comincia a generare tossine. Più alte sono le temperature e più dannose sono le tossine, come per esempio ammine eterocicliche (HCAs), componenti caustici che hanno dimostrato di causare il cancro. Alcuni HCAs sono così tossiche per i neurotrasmettitori ed i loro ricettori nel cervello che arrivano a causare malattie cerebrali, come Alzheimer, Parkinson e la schizofrenia.
Grigliare è uno dei modi peggiori di cuocere la carne. Le alte temperature del carbone che arrostisce e cuocere alla griglia crea idrocarburi policiclici aromatici (PAHs). I PAHs sono stati trovati anche nelle carni e nel caffè tostato. I grassi cotti sono stati ritenuti tossici già da tempo. I grassi riscaldati a temperature superiori ai 36° creano lipidi perossidi, che sono composti oleosi, ossidanti, che causano il cancro. Cuocere i grassi insaturi, liquidi a temperatura ambiente, con le alte temperature producono acidi trans-grassi, che creano radicali liberi tossici nel corpo che causano cancro, invecchiamento e tossicità del fegato.
I grassi riscaldati abbassano la capacità del sangue di trasportare l'ossigeno e bloccano pure i capillari con globuli di grasso. I depositi di grasso poi si accumulano nelle mura vascolari e contribuiscono all'insorgere di aterosclerosis ed altre forme di malattie cardiache. Le malattie cardiache sono la causa numero uno delle morti in America, con il cancro subito dopo. Gli oli riscaldati sono carichi di micotossine, sottoprodotti dei microzimi.
I cibi lavorati generalmente contengono oli idrogenati o parzialmente idrogenati. Basta leggere le etichette. Spesso questi prodotti vengono venduti anche nei cosidetti "supermercati della salute". Questo tipo di grassi cotti è solido o semi-solido a temperatura ambiente e furono creati dai raffinatori di olio per creare prodotti quali la margarina per competere con i prodotti a base di grassi animali saturi quali burro e lardo.
Gli acidi trans-grassi che questi contengono alzano i livelli di colesterolo "cattivo" (LDL) mentre abbassano i livelli di colesterolo "buono" (HDL), incrementando perciò i rischi cardiaci. Infatti, hanno dimostrato di essere peggiori dei grassi animali saturi con cui competono nei supermercati.
Fortunatamente, la conoscenza di quanto tossici siano i trans-grassi ha raggiunto le masse al punto di costringere le industrie a cambiare.
L'FDA obbligò di etichettare i trans-grassi a partire dal 2006. Ma c'è una scappatoia legale: se il cibo ne possiede meno di mezzo grammo per porzione, può essere non specificato. La maniera per vincere con astuzia su queste compagnie alimentari (se intendete ancora mangiare cibo cotto, cosa totalmente sconsigliata) è di contare il numero di grammi per ogni tipo di grasso. Sottraete questo totale dai grammi totali del grasso, ed il risultato vi darà la quantità di trans-grassi che l'industria alimentare prova a rifilare ai consumatori.
David ed Annie Jubb scrivono, "Tutti i cibi cotti, e specialmente i grassi di maiale, non sono in grado di combinarsi con l'acqua, e questo fa sì che si separino e vengano accumulati nel corpo. I grassi cotti non sono miscibili con l'acqua, allora viaggiano separatamente rendendo il sangue lento, accumulandosi nel corpo" (Secrets of an Alkaline Body, p.25)
Un primario di un ospedale in Australia fece un esperimento: mise metà dei suoi pazienti sotto una dieta purificatrice a base di frutta cruda e senza medicine, mentre un'altra metà venne tenuta in ospedale con cibo ordinario e medicine. Dopo poche settimane, la capo infermiera fermò l'esperimento. Trovò che i pazienti che mangiavano frutta cruda, senza medicine, si sentivano molto meglio, e sentì che ciò non era giusto nei confronti dell'altra metà!
Se nessuno di questi argomenti ti convince, prova questo esperimento. Per due settimane mangia esclusivamente cibo crudo. Poi, torna a mangiare la tua cena cotta. Assicurati di fare questo pasto di venerdì sera così eviterei di chiamare al lavoro per dire che stai male e non puoi andare!
Tutte le persone che lo hanno fatto, hanno detto di essersi sentiti "drogati" o come se avessero avuto i postumi di una sbornia, spesso presentando lievi sintomi febbrili.
Quando pensi a quanto tossico sia il cibo cotto, è davvero una meraviglia constatare che nonostante tutto, siamo ancora viva e che il genere umano abbia potuto sopravvivere per così tante generazioni. Questo è accaduto perchè gli uomini, come pure gli altri animali, sono creature forti. Pensa a quanto più a lungo potremo vivere se solo ci astenessimo da questa antica pratica di cuocere il cibo che ci sta uccidendo prematuramente.
Non c'è alcun dubbio, stiamo giocando con il fuoco quando cuciniamo. Grigliare, fare il barbeque ed usare il microonde sono le cose peggiori che potremmo fare. Quanto più alta e prolungata è la temperatura, maggiori saranno le tossine che si formeranno. Nel periodo di transizione verso una dieta 100% cruda puoi usare il vapore, puoi saltare leggermente i cibi con una pentola wok, che sono i metodi "meno" rischiosi.
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lunedì 20 aprile 2009
Il Fruttarismo applicato all'Erboristeria: rimedi a base di frutta
Domanda: Amo molto sorseggiare le tisane e ricorrere ad alcuni rimedi erboristici per risolvere qualche piccolo fastidio. C'è un'alternativa fruttariana all'uso di foglie/radici?
Risposta: Certo che c'è! Di seguito ti faccio un elenco di alcuni frutti che vengono usati non solo per un classico uso culinario, ma anche officinale.
Vediamo quali sono:
Alchechengi
Alloro
Amarena (visciola)
Carrubo
Cetriolo
Cappero (il cappero possiede dei frutti suoi!)
Ciliegio
Coriandolo
Fico
Fico d'India
Ginepro
Giuggiolo
Lampone
Limone
Melanzana
Mirtillo
Nespolo
Olivello
Olivo
Peperone
Pesco
Prugno
Ribes nero/rosso
Rosa canina
Rovo (more)
Sambuco
Sorbo
Sorbo rosso
Spincervino
Uva di monte
Vite
Zucca
Cardamomo
Cassia
Tamarindo
Vaniglia
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Frutti, bacche, drupe e fruttortaggio...
Domanda: Quali sono i frutti/bacche ed i fruttortaggi che un Fruttariano mangia di solito?
Il fruttariano di solito mangia tutti i tipi commestibili di frutta/drupa da albero cioè mela, pera, susina, pesca, albicocca ecc e le bacche come mirtilli, fragole ecc integrando il tutto con la fruttortaggio a cui appartengono zucchine, peperoni, pomodori*, cetrioli, zucca e melanzana.
*Il pomodoro è considerato pure come bacca.
La noce di cocco non è un frutto ma un seme che serve alla pianta per riprodursi così come lo sono pure le noci di juglans regia, le noci di anacardio, le noci dell'Amazzonia (noce del Brasile), le castagne ecc e per questo, non vengono consumate dal Fruttariano attento alla salute e al risvolto etico/filosofico della questione.
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sabato 18 aprile 2009
L'Alimentazione Viva - L'uomo è quel che mangia
L'ALIMENTAZIONE VIVA
A cura del Prof. Armando D'Elia
A cura del Prof. Armando D'Elia
"L'UOMO E' QUEL CHE MANGIA"
Tutti i vegetariani concordano nel ritenere che - in linea di principio - l'uomo dovrebbe consumare solo alimenti vegetali e nello stato in cui essi si trovano in natura, cioè freschi, crudi e nella loro integralità, "cotti" a fuoco lento dai raggi del sole. Sappiamo tuttavia che tra i vegetariani soltanto i crudisti si attengono completamente a tale principio sul piano pratico, mentre gli altri coprono solo in parte i loro pasti quotidiani con cibi crudi, oppure praticano il crudismo solo per qualche giorno o per alcuni pasti. Dobbiamo riconoscere che è quanto meno innaturale sottoporre a cottura, quasi a correggere la natura, i cibi offertici crudi dalla natura stessa; e del resto 1'uomo, prima di scoprire il fuoco e di imparare a utilizzarlo, producendolo a volontà, a scopo culinario, per moltissimi millenni non ha potuto che cibarsi di cibi crudi. La cottura dei cibi in realtà risulta estremamente dannosa in quanto denatura, devitalizza e uccide il cibo che, se non era già morto prima di essere sottoposto a cottura, diviene certamente morto dopo cotto e come tale non più adatto alla nutrizione ottimale del corpo "vivo" dell'uomo e degli altri animali assoggettati all'uomo: un corpo "vivo" dovrebbe infatti alimentarsi solo con cibi "vivi' , giacchè i cibi morti sono mortiferi. Torneremo più tardi su questo argomento. L'uomo è l'unico animale che sottopone a cottura il proprio cibo. Non solo, ma obbliga anche gli animali che ha assoggettato pensiamo per esempio al cane e al gatto) a mangiare cibi cotti. E 'uomo è l'unico animale che si ammala e che fa ammalare gli animali cosiddetti domestici, alimentati nella stessa maniera, tanto che - come tutti sanno - una apposita categoria di medici, - i veterinari - si interessa esclusivamente di tali animali.
Ma esiste veramente una così lineare relazione di causa ed effetto tra la cottura dei cibi e i danni alla salute dell'uomo e degli animali domestici? Indubbiamente non è soltanto la cottura dei cibi a produrre lo stato di malattia e la morte prematura dell'uomo; vi sono altre cause, o meglio "concause", ma la cottura del cibi è, senza alcun dubbio, se non l'unica, la causa di gran lunga più rìlevante di tali disastrosi effetti. Si potrà certo obiettare che si può cuocere anche un cibo già morto, per esempio il cadavere di un animale e il corpo già morto di un vegetale (piante o frutta disseccate, semi tanto vecchi da aver perduto la facoltà germinativa, ecc.) ma noi qui vogliamo in particolar modo riferirci alla cottura di cibi che, pur potendo essere consumati allo stato crudo con gran vantaggio dell'uomo, sono sottoposti, invece, irrazionalmente, all'azione del calore artificiale con effetti senz'altro devastanti e degni della nostra massima attenzione, come tra poco vedremo.
Lo spunto a questo mio intervento mi è stato offerto da quel bellissimo volumetto, che l'Associazione Vegetariana Italiana (AVI) giustamente diffonde e raccomanda, dal titolo "Non più alimenti "morti" per vivere" e nel quale sono magistralmente esposti, da tutti i validissimi autori che hanno collaborato alla sua stesura (tra i quali mi fa piacere ricordare un medico assai stimato, il dott. Delor), i contributi delle diverse discipline scientifiche al processo, in atto, di recupero della nostra alimentazione naturale, soprattutto medìante la esclusione degli alimenti "morti". In realta ci sarebbe da aggiungere ben poco a detto lavoro, ma egualmente voglio dare il mio modesto contributo a tale importante fine esponendovi alcune considerazioni, corredate da notizie che ritengo possano essere interessanti. Chiedo sin d'ora venia se, per esigenze dì chiarezza, sarò costretto ad affermazioni che sono probabilmente ai limiti della ovvietà.
Un seme, cotto, non germina pìù; un uovo di gallina, fecondato, se covato dopo cotto, non darà mai più un pulcino; una pianta erbacea, appena estirpata e con l'apparato radicale integro, se cotta, non riattecchirà più nel terreno; e gli esempi potrebbero continuare. La cottura, quindi, uccide la vitalità questo è evidente.
Le tecniche usate per la cottura dei cibi vanno dall'arrostimento diretto su griglie a quello su superfici arroventate, dai fornia legna o a combustibile liquido alla bollitura in recipienti adatti, dai forni elettrici a quelli a raggi infrarossi o a microonde, dai forni a gas metano a quelli a bombole,ecc., ecc. Ma tutte codeste tecniche servono a raggiungere solamente un effetto: elevare la temperatura del cibo sottoposto a cottura per indurvi delle modifiche supposte utili ai fini digestivi, ma soprattutto che aumentino l'appetibilità dei cibi così trattati, cioè per soddisfare il palato. E in effetti la cottura "crea" nuovi odori e nuovi sapori; inoltre ammorbidisce e disgrega il prodotto facilitandone la masticazione incoraggiando così, purtroppo, la dannosa abitudine di mangiare in fretta masticando poco.
Nell'ottica della caccia al microbo di pasteuriana si attribuisce alla cottura il merito di operare un risanamento dei cibi sul piano microbiologico; ma questa considerazine perde pressochè completamente di valore quando si pensa che la cottura distrugge, come vedremo fra poco, proprio quel compesso di fattori che sono alla base delle nostre difese naturali che dovrebbero difenderci dai microbi. Si adduce un'altra motivazione alla cottura e cioè che l'alimento cotto si presta più di quello crudo a costituire un supporto per condìmenti ed ingredienti aggiuntivi, quali salse più o meno piccanti, sughi, intingoli vari, sostanze aromatiche, grassi, ecc.; ma in effetti è lo scadimento di vitalità conseguente alla cottura che spesso determina tale bisogno di condimenti violenti, che sono poi in sostanza degli eccitanti, ai quali purtroppo il palato si abitua, avendo perduto la capacità di gustare le cose semplici e naturali con i loro relativi tenui e delicati sapori. In sostanza, il ricorso ai condimenti forti diviene di fatto per l'organismo una vera e propria causa di intossicazione. In conclusione, non dobbiamo tener conto dei fini edonistici anzidetti (della pretesa giustificazione della cottura imperniata sulla necessità di prolungare la conservazione dei cibi, diremo più avanti); dobbiamo invece sentirci interessati ad indagare scientificamente per sapere se la cottura incide veramente, e in quale misura, sulle caratteristiche vitali e nutrizionali dell'alimento. Passiamo, quindi, ad una analisi, necessariamente succinta per questioni di spazio, delle conseguenze della cottura sui diversi componenti nutritivi dei cibi.
Cominciamo dalle proteine, le quali subiscono un brusco decadimento del loro valore biologico, dovuto in gran parte alla parziale (in qualche caso totale) di aminoacidi essenziali ; tale distruzione e particolarmente intensa in caso di bollitura in quanto questa provoca la idrolizzazione dei composti proteici e la susseguente dispersione, nel mezzo liquido, degli aminoacidi. Se poi la cottura delle proteine si effettua o mediante la frittura, che avviene a temperatura più elevata, o mediante forni a raggi infrarossi, che sono molto penetranti, si verificano effetti ancora più negativi di quelli provocati dall'arrostimento. Considerando poi l'aspetto "digeribilità", si deve tener presente che le sostanze proteiche già a 60°C iniziano a flocculare e poi coagulano del tutto, divenendo inattaccabili dai succhi gastrici e quindi indigeste. Passiamo ora ai carboidrati (per brevità ci limitiamo ad esemplificarli con il pane, della cui componente proteica abbiamo detto prima). Il noto cancerologo dott. Alberto Donzelli (v.Girasole 1984 n. 3) ci mette in guardia dall'usare parti "imbrunite" dei prodotti da forno (tutti!), che contengono composti mutageni. Il calore, infatti, prima destrinizza i carboidrati (amidi) e poi li riduce a zuccheri, zuccheri però riducenti che sono capaci di legarsi ad alcuni costituenti delle proteine, dando prodotti cancerogeni.
In merito alla maggiore digeribilità degli amidi cotti bene (ad esempio la crosta del pane, in confronto alla mollica interna), derivante dall'azione della temperatura (come si diceva sopra, destrinizzazione e poi zuccheri), si tenga presente che il corpo umano è capace di fare la stessa cosa con i propri enzimi (ptialina, ecc.) amilolitici, senza ricorrere alla cottura: l'amido (farina), insapore all'inizio della masticazione, continuando a sottoporlo all'azione della saliva, diviene dolce. Pertanto questo preteso gran vantaggio della cottura ai fini di gestivi, non è proprio tale da riscattare la cottura stessa dalle schiaccianti conseguenze negative che essa comporta!
In quanto all'azione del calore sui grassi, esso causa fenomeni di ossidazione, che portano dapprima alla formazione di perossidi e di idroperossidi, e poi di acidi grassi a catena corta, olfattivamente sgradevoli; inoltre la glicerina che si libera tende a decomporsi trasformandosi in acroleina composto oltremodo tossico. Infine, l'acido linoleico, come il finolenico, preziosi per la sintesi dei fosfolipidi, subiscono, con il calore, delle modifiche strutturali che li rendono inattivi e quindi incapaci della predetta sintesi.
Da tener presente inoltre che in commercio, al dichiarato scopo di impedire i suddetti effetti negativi della ossidazione dei grassi indotta dal calore, si impiegano, come additivi, i cosiddetti "antiossidanti" ( per esempio, il butil-idrossianisolo, gallati
vari, l'alfa-tocoferolo ecc.). Ma in realtà tali additivi non impediscono un bel niente perchè il calore pare che ossidi, inattivandoli, i medesimi antiossidanti prima che i grassi.
Ma la cottura crea danni molto gravi distruggendo o denaturando irrimediabilmente, e pressoche integralmente, il corredo vitaminico dei cibi, specie le vitamine termolabili come è ovvio. Tuttavia l'opera distruttiva più grave è quella che viene effettuata a carico di quell' insieme di fattori vitali che costituiscono il carattere distintivo dei cibi "vivi" nei confronti dei cibi "morti" e cioè : enzimi, ormoni, pigmenti vari, essenze volatili, auxine, biostimoline, complessi antibiotici e antiossidanti naturali, aromi, complessi germinativi ecc. La perdita, per effetto della cottura, di questi fattori vitali è irrimediabile e gravissima in quanto essi costituiscono la base biologica delle difese naturali dell'organismo.
Inoltre la clorofilla, durante la cottura delle parti verdi dei vegetali, subisce la degradazione a feofitina, di colore bruniccio, inutilizzabile dall'organismo.
Da tener presente infine che tra le peggiori conseguenze della cottura è da annoverare la perdita, nell acqua di cottura, o per altre vie, degli oligoelementi e dei preziosi sali minerali.
Leggi l'opuscolo completo QUI
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domenica 5 aprile 2009
Le Insidie della Cottura: l'Acrilamide
Tratto da FOOD TODAY
Cosa succede quando cuciniamo- impariamo a capire il meccanismo di formazione dell’acrilamide
Per molte migliaia di anni le persone hanno utilizzato il calore per cucinare. Tuttavia, il processo di cottura, durante la preparazione dei sapori, di miscele di odori e colori, può anche portare alla formazione di sostanze dannose. Uno di questi composti è l’acrilamide che durante gli ultimi anni ha destato un grande interesse scientifico e mediatico.
La scoperta dell’acrilamide nel cibo
Inizialmente, l’acrilamide era conosciuta solo per il suo impiego nei processi industriali come quelli della produzione di plastici, colle, carta e cosmetici. L’esposizione accidentale dei lavoratori ad alti livelli di acrilamide ha portato all’identificazione di questa sostanza come neurotossica. Questo significa che l’acrilamide ad alte dosi ha la capacità di causare un danno al tessuto nervoso. Si sa, inoltre, che negli animali, alte dose del composto, causano cancro e agiscono sulla riproduzione.
Nel 2002, ricercatori dell’Università di Stoccolma, in Svezia, fecero la sorprendente scoperta della formazione di acrilamide negli alimenti e, da allora in poi, l’acrilamide è stata trovata in una serie di alimenti trattati ad alte temperature.1 L’acrilamide si può formare negli alimenti durante i processi di cottura che arrivano a temperature di 120°C o più alte, per esempio friggendo, cocendo al forno e arrostendo. Originariamente è stata rilevata acrilamide in patate fritte, patatine, biscotti e crackers, crostini di pane, cereali per la prima colazione, patate arrosto, prodotti di panetteria e caffè. Ulteriori indagini hanno rilevato la presenza di acrilamide nella frutta secca, nella frutta al forno, nelle olive nere e in alcune noci tostate.
Come si forma l’acrilamide negli alimenti?
La formazione di acrilamide negli alimenti si verifica come conseguenza di una reazione nota come la reazione di Maillard, che è una reazione chimica tra un amminoacido (componente principale della proteina) e uno zucchero come glucosio, fruttosio o lattosio.
Il calore è richiesto per dar inizio alla reazione di cottura che determina una cascata di modificazioni chimiche che alla fine scaturiscono nel “rosolarsi” del cibo e nella formazione di una serie di odori e sapori messi insieme. Queste componenti insieme danno il caratteristico aspetto e sapore del cibo cotto. Uno degli esempi più comuni della reazione di Maillard è il pane bianco che viene abbrustolito. La formazione della stessa acrilamide è solo parzialmente conosciuta dato che la reazione di Mailard è una delle reazioni chimiche più complicate che si verificano nel cibo. Tuttavia, la formazione e la concentrazione di acrilamide nei cibi appare essere dipendente dal tipo di alimento, di temperatura e dalla lunghezza del tempo di cottura. In generale, i farinacei (per esempio il pane, le patate) che devono essere cotti ad alte temperature e per lunghi periodi di tempo contengono maggiori livelli di acrilamide.
Così come il tempo e la temperatura di cottura, la ricerca ha mostrato che anche il livello di un aminoacido, noto come aspargina, è legato alla formazione di acrilamide. Questo particolare amminoacido ha una struttura chimica che è molto simile alla struttura chimica dell’acrilamide, il che suggerisce che durante la reazione di Maillard, l’aspargina potrebbe essere convertita nel composto acrilamide.
Che livelli di acrilamide si trovano negli alimenti?
Gli scienziati sono comunemente d’accordo nel ritenere che gli alimenti contenenti alti livelli di acrilamide sono quelli fritti, fritti in abbondante olio o cotti al forno, come torte, pane e patate fritte. Il comitato congiunto di esperti sugli additivi alimentari (JECFA, Expert Committee on Food Additives) riporta che gli alimenti che contribuiscono maggiormente al consumo totale di acrilamide per la maggior parte dei paesi sono le patatine (16-30%), patatine croccanti (6-46%), caffè (13-39%), dolci e biscotti (10-20%) e pane e panini/toast (10-30%).2
Altri alimenti contribuiscono meno del 10% sul totale. L’assunzione di acrilamide all’interno dell’UE varia fra 0,3-1,4 microgrammi per kg di peso corporeo al giorno, e in base alla dieta nazionale.3 Fino ad ora non sono stati trovati livelli di acrilamide in alimenti che sono stati bolliti, cotti o cucinati al vapore. Questo si può spiegare con la temperatura massima di queste tecniche, che non supera i 100°C, e dall’assenza di una reazione di rosolatura.
L’acrilamide presente negli alimenti è dannosa per la salute umana?
Poco dopo lo studio Svedese, è stato pubblicato il parere del Comitato Scientifico per l’Alimentazione (Scientific Committee on Food, SCF) sulla possibile preoccupazione per la salute umana associata alla presenza di acrilamide negli alimenti.4 L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) afferma che “ l’acrilamide appartiene al gruppo di composti chimici che si ritiene non abbiano una “soglia” di effetti nettamente identificabile, poiché essendo presenti in concentrazioni molto basse presentano un rischio molto basso, ma non uno uguale a zero”.5
Nel 2005, la giuria dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA, European Food Safety Authority) sui contaminanti ha sostenuto le conclusioni del rapporto del JECFA secondo il quale devono essere fatti degli sforzi per ridurre l’esposizione a queste sostanze.2,6
Per meglio comprendere i rischi dovuti alla cottura degli alimenti ad alte temperature, la Commissione Europea ha fondato il progetto HEATOX (Heat-generated Food Toxicants – Identification, Characterisation and Risk Minimalisation), sostanze tossiche degli alimenti generate dal calore – identificazione, caratterizzazione e riduzione dei rischi.3 L’obiettivo di HEATOX era di identificare, caratterizzare e ridurre i rischi in seguito alla formazione di composti sfavorevoli durante la cottura degli alimenti. In particolare, questo progetto si è concentrato sull’acrilamide e nel 2007 sono state rese note quattro principali conclusioni scaturite da esperimenti condotti in laboratorio: 1) L’acrilamide presente negli alimenti può rappresentare un fattore di rischio per il cancro; 2) È possibile ridurre i livelli di formazione di acrilamide nel cibo, ma non è possibile eliminarla; 3) Sono disponibili metodiche analitiche per ricercare l’acrilamide negli alimenti; 4) La cottura degli alimenti può produrre altri composti con effetti sulla salute umana.
Cosa si deve fare per ridurre la quantità di acrilamide negli alimenti?
Le industrie alimentari hanno adottato delle misure per ridurre la formazione di acrilamide negli alimenti, quali il pane croccante, biscotti e prodotti da forno, patatine, attraverso la ri-focalizzazione dei controlli di qualità, cambiando ricette e procedimenti di cottura. È importante comunque sottolineare che tali procedimenti non possono tenere conto della stagionalità, che ha un impatto significativo sul contenuto dei precursori dell’acrilamide nei prodotti greggi dell’agricoltura. Per raccogliere le conoscenze ottenute dalle industrie alimentari, la Confederazione delle Industrie degli Alimenti e delle Bevande dell’Unione Europea (CIAA) ha pubblicato delle “Istruzioni per l’Acrilamide”, che elencano i passaggi che possono essere effettuati sia dalle industrie alimentari sia dai consumatori a casa per ridurre i livelli di acrilamide negli alimenti.7 Le linee conclusive della ricerca dell’HEATOX sono state prese in considerazione e introdotte dove possibile nell’aggiornamento del documento sopra citato.
I ricercatori attualmente stanno cercando la possibilità di ridurre la quantità di acrilamide negli alimenti bloccando la reazione durante la cottura, avvalendosi delle biotecnologie e delle attuali tecniche di allevamento. Ad esempio, aumentando i livelli di zolfo e diminuendo i livelli di azoto nel suolo si è visto che si riduce la quantità di acrilamide in molti alimenti coltivati. Inoltre, utilizzando delle modificazioni genetiche, i ricercatori hanno prodotto una varietà di patata del tutto nuova, che contiene bassi livelli di zuccheri rispetto alle patate tradizionali.8 La diminuzione della quantità di zuccheri riducenti (ad es. glucosio) nelle patate equivale a ridurre la concentrazione di acrilamide poiché questi zuccheri costituiscono una componente fondamentale della reazione di Maillard, che porta alla formazione del composto sfavorevole. Allo stesso modo sono stati considerati i geni delle piante responsabili del controllo dei livelli di formazione di asparagina. Infatti l’asparagina è un altro componente fondamentale per la formazione di acrilamide, una sua diminuzione nelle piante equivale ad un effetto di riduzione di formazione di acrilamide durante la reazione di Maillard.
Cosa dobbiamo fare?
Considerazioni personali (FruiTanya)
Aumentiamo giorno dopo giorno la percentuale di cibi crudi e freschi nelle nostre diete e nel frattempo che continuiamo ancora a mangiar prodotti cotti, scegliamo almeno quelli che è possibile cucinare senza dover ricorrere a cotture prolungate (fritti, forno ecc). La cottura al vapore che non supera mai gli 80° sul cestello è sicuramente il miglior metodo nella fase di transizione dal cotto al crudo.
Nel frattempo...
La ricerca sta cercando di trovare mezzi per ridurre la formazione di acrilamide durante la cottura degli alimenti, molto probabilmente aggiungendo altri composti chimici che blocchino questa reazione ma che, come è oramai tristemente sempre più noto, con il tempo si scoprirnno essere tossici all'organismo in relazione ad altri componenti chimici non previsti dalla natura.
La natura è perfetta e l'uomo non può credere di aggiungervi/modificare/sottrarvi nulla senza generare gravi scompensi sulla salute dell'uomo, degli animali, dell'ambiente (piante, acque, minerali ecc) (FruiTanya)
Testi di riferimento
1. Tareke E, Rydberg P, Karlsson P, Eriksson S, Törnqvist M. (2002) Analysis of acrylamide, a carcinogen formed in heated foodstuffs. Journal of Agricultural and Food Chemistry. 50(17):4998-5006. doi: 10.1021/jf020302f S0021-8561(02)00302-3
2. JECFA Report TRS 930-JECFA 64/8. Available at: http://www.who.int/ipcs/food/jecfa/summaries/summary_report_64_final.pdf
3. The HEATOX Project, Final Project Leaflet. Available at: http://www.slv.se/upload/heatox/documents/D62_final_project_leaflet.pdf
4. Scientific Committee on Food (2002) Opinion of the Scientific Committee on Food on new findings regarding the presence of acrylamide in food. Available at: http://ec.europa.eu/food/fs/sc/scf/out131_en.pdf
5. World Health Organisation (WHO). Food Safety section: Frequently asked questions - acrylamide in food. Available at: http://www.who.int/foodsafety/publications/chem/acrylamide_faqs/en/index.html
6. European Food Safety Authority, Key Topics section: Acrylamide in food. Available at: http://www.efsa.europa.eu/EFSA/efsa_locale-1178620753812_1178659331266.htm
7. The CIAA Acrylamide ‘Toolbox’. Available at: http://www.ciaa.be/documents/brochures/CIAA_Acrylamide_Toolbox_Oct2006.pdf
8. Rommens CM, Ye J, Richael C, Swords K. (2006) Improving Potato Storage and Processing Characteristics through All-Native DNA Transformation. Journal of Agricultural and Food Chemistry 54(26):9882-9887. doi: 10.1021/jf062477l S0021-8561(06)02477-0
Tareke E, Rydberg P, Karlsson P, Eriksson S, Törnqvist M. (2002) Analysis of acrylamide, a carcinogen formed in heated foodstuffs. Journal of Agricultural and Food Chemistry. 50(17):4998-5006. doi: 10.1021/jf020302f S0021-8561(02)00302-3
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